lunedì 2 marzo 2009


Dopo ore di attesa ad un incrocio desolato, perso nel nulla della steppa nuorese, mi segnalarono via radio di indossare la mascherina perchè mancava appena un minuto. Il sole basso all'orizzonte sembrava in attesa anche lui dello spettacolo. Indossata la protezione al viso diedi un'ultima occhiata, mi voltai cercando di coprire con lo sguardo tutta la pianura, non c'era anima viva. La mattina a bordo del range rover avevamo fatto tappa a tutti i capanni dei pastori. Non avrei mai immaginato che una jeep di quelle dimensioni riuscisse a passare tra rocce, guadi e mulattiere. Tutti i pastori accoglievano il nostro avviso come una condanna a cui oramai si erano rassegnati. Lo sguardo fiero doveva soccombere alle ragioni di stato che avevano fatto di quelle terre, già di per se poco generose, la discarica delle forze armate. Spesso ci imbattevamo in giovani, giovanissimi pastori. Il ricordo che ho di loro può sembrare stereotipato ma l'umiltà della condizione unita all'orgoglio sardo li rendevano veri, rispettabili, ancora padroni della condizione umana.
Iniziarono il conto alla rovescia, Da quel momento fissai lo sguardo in direzione della collinetta dove avevano insabbiato quintali di materiale esplosivo scaduto. Dalla dinamite stipata dopo la fine della grande guerra agli ordigni inutilizzati durante l'ultimo conflitto mondiale. Anni e anni di potenziali distruzioni erano rimaste nelle polveriere di mezza Italia ed oggi si sarebbero congedate in tutto il loro tragico splendore. Tre, due, uno...si sollevò un fungo di polvere alto decine di metri. Furono attimi di silenzio assoluto, il frastuono dell'esplosione viaggiò velocemente sui fili derba. Un anello di vento e tuono si dilatò fino a travolgermi. Caddi a terra picchiando il sedere con un sorriso di meraviglia. Fu uno spettacolo inimmaginabile ma che dovetti frettolosamente archiviare tra i ricordi. Mi accorsi che la colonna di fumo e terra si stava dirigendo verso di me sospinta dal vento. Improvvisamente mi ritrovai a fuggire come un disperato e come un disperato non avevo riflettuto sulle mie poche possibilità di scampo. Il buio durò qualche secondo, poi una luce pallida mi restituì la realtà. Come un superstite mi ritrovai solo. Ero coperto di terra dalla testa ai piedi ed intorno a me il silenzio. L'esplosione aveva fatto le sue vittime, lungo la strada giacevano decine di uccelli morti e un'altra piccola parte del bimbo che ero.

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